sabato 27 marzo 2021

Recensione: "Il censimento dei radical chic" di Giacomo Papi


TITOLO: Il Censimento dei Radical Chic 
AUTORE: Giacomo Papi 
EDITORE: Feltrinelli 
ANNO: 2019 
PREZZO: 13€ (ed. cartacea); 9,90€ (eBook)  
PAGINE: 141 
 
TRAMA: In un’Italia ribaltata, le complicazioni del pensiero e della parola sono diventate segno di corruzione e malafede, un trucco delle élite per ingannare il popolo, il quale, in mancanza di qualcosa in cui sperare, si dà a scoppi di rabbia e applausi liberatori, insulti via web e bastonate, in un’ininterrotta caccia alle streghe: i clandestini per cominciare, poi i rom, quindi i raccomandati e gli omosessuali. Adesso tocca agli intellettuali. Il primo a cadere, linciato sul pianerottolo di casa, è il professor Prospero, colpevole di aver citato Spinoza in un talk show. Cogliendo l’occasione dell’omicidio dell’accademico, il ministro degli Interni istituisce il Registro Nazionale degli Intellettuali e dei Radical Chic per censire coloro che “si ostinano a credersi più intelligenti degli altri”. La scusa è proteggerli, ma molti non ci cascano e, per non essere schedati, si affrettano a svuotare le librerie e far sparire dagli armadi i prediletti maglioni di cachemire…


 
Intelligente. Di recente attualità. Amaramente ironico.
Ne Il censimento dei radical chic ilarità e inquietudine si mescolano per dar vita a una favola moderna apparentemente paradossale e proiettata in un presente fin troppo vicino ai nostri giorni.
Giacomo Papi mette in luce contraddizioni e ipocrisie di una società spesso frustrata e incattivita, in perenne lotta contro "l'altro". Non per migliorarsi, ma per "abbassare l'asticella" culturale, azione che richiede necessariamente un minore sforzo intellettivo anche se, in fondo, basterebbe davvero poco:
"(...) per capire è necessario vedere il mondo con gli occhi degli altri".
Il giallo sull'omicidio del professor Prospero resta un po' in sordina e si qualifica come pretesto, nella trama, per l'istituzione di un registro nazionale dei cosiddetti "radical chic" (termine usato a sproposito da alcuni personaggi per indicare gli intellettuali) e, nel testo in senso lato, per una riflessione di natura antropologica guidata dai protagonisti di questo racconto.
L'autoritario "Primo ministro dell'Interno" non è un totale sprovveduto: egli stesso osserva e studia il comportamento del popolo per trarne vantaggio, sfruttando le debolezze e le insofferenze della collettività:
"Bisogna che gli intelligenti imparino a dire le cose in modo che gli stupidi credano di averle pensate da sole.
Gli intellettuali-radical chic vagano in cerca di una definizione, divisi tra chi si ritiene tale per via dei classici indumenti di velluto e tweed o del genere di libri posseduti (e magari mai letti), chi come Frun (il Funzionario Redattore Ugo Nucci) non riesce a esimersi dall'esprimere un proprio parere o snocciolare nozioni dimostrando un'intelligenza superiore al proprio dovere e chi non si pone domande ma cerca soluzioni.
Il testamento intellettuale di Prospero è la sintesi perfetta della società rappresentata e dei pensieri di chi ammette le proprie parziali colpe ma non si arrende alla mediocrità.
 
La vera protagonista di questo libro è la parola. In un mondo in cui regnano sovrani (pardon, padroni) hashtag e trend topic, le parole possono cambiare il mondo e fare la differenza. La ribellione prende forma anche attraverso le parole, soprattutto quelle non comuni, vietate dalla "Commissione ministeriale per la semplificazione popolare della Lingua italiana". Giochi di parole, allusioni nascoste dietro fantasiosi nickname (sublime quel "Plico della Girandola" scelto da Prospero): il ruolo degli intellettuali ha, in questo volume come nella vita, l'importantissimo e delicato compito di tramandare la memoria, di custodire e salvaguardare quella cultura vista come imbroglio, giudicata pericolosa e sovversiva perché libera.
"Lei lo sa perché gli intellettuali sono così importanti?".
Lo psicologo non lo sapeva, ma sapeva che era una domanda retorica e non doveva rispondere.
"E lo sa perché sono pericolosi?"
Lo psicologo non aveva mai pensato che potessero esserlo.
La voce flautata del ministro riprese a vagare per la stanza:
"Perché le emozioni sono facili, elementari. Se impari i trucchi, le puoi governare, mentre i pensieri rimangono liberi, vanno dove dicono loro e complicano le cose. Dove comanda la ragione, la statistica muore".











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