Nuovo giorno, nuova recensione!
Stanotte ho
terminato Kitchen, di Banana
Yoshimoto. Ho impiegato qualche giorno per questa lettura, non perché non sia
scorrevole (come ben saprete di sicuro, è anche breve, una sorta di racconto), quanto piuttosto per il
fatto di volermela assaporare con calma e tranquillità.
Si tratta del mio primo approccio a questa tanto
declamata autrice e volevo iniziare nel migliore dei modi. Ci sarò riuscita?
TITOLO: Kitchen
AUTORE: Banana Yoshimoto
EDITORE: Feltrinelli
ANNO: 1991
PREZZO: 6,00€ (brossura)
PAGINE: 148
TRAMA: È un romanzo sulla solitudine giovanile. Le cucine nuovissime e
luccicanti o vecchie e vissute, che riempiono i sogni della protagonista
Mikage, rimasta sola al mondo dopo la morte della nonna, rappresentano
il calore di una famiglia sempre desiderata. Ma la grande trovata di
Banana è che la famiglia si possa, non solo scegliere, ma inventare.
Così il padre del giovane amico della protagonista Yuichi può diventare o
rivelarsi madre e Mikage può eleggerli come propria famiglia, in un
crescendo tragicomico di ambiguità.
È sempre difficile scrivere una recensione sui
best seller accolti con così tanto clamore dalla critica e dai lettori. Per
questo mi ritrovo a premere sulla tastiera del mio pc quasi in punta di
polpastrello.
Kitchen mi è sembrato un romanzo ancora acerbo (come sottolineato, al termine del libro, dalla stessa autrice), ma sul quale non riesco a pronunciarmi negativamente in quanto troppo garbato e delicato.
La vera protagonista del romanzo mi è sembrata la solitudine, a tratti surreale.
Mikage, rimasta sola dopo la scomparsa della nonna, trova conforto nella famiglia di Eriko e Yuichi. Tra il calore della cucina e nuovi affetti, tutto sembra procedere per il meglio. Fino ad un evento che getterà nello sconforto i personaggi e il lettore stesso.
Le figure mi sono sembrate abbozzate: i loro pensieri sono scritti nero su bianco, ma le loro vere emozioni non mi sono giunte al cuore, come mi sarei aspettata. Avrei voluto, per esempio, conoscere in modo più approfondito le motivazioni che hanno portato Eriko a fare una determinata scelta.
La storia è semplice, quasi un pretesto per gettare luce sul dramma del lutto e della solitudine, ma a volte un po' ingenua, soprattutto sulle riflessioni (probabilmente dovute alla giovane età della Yoshimoto e della protagonista).
Più che sollevata, nonostante il finale, al termine del libro mi sono sentita triste e non so neanche per quale motivo. Ma il messaggio è fin troppo chiaro,anche se scontato: non lasciarsi abbattere dalle fermate della vita e procedere sempre in avanti con speranza.
Ho amato e apprezzato l'ambientazione e la descrizione di quel mondo orientale che tanto adoro! Entrare con Mikage in cucina, assaporare con lei gusti e profumi, mi ha dato la spinta in più per calarmi completamente nei panni della protagonista. Anche nel sogno, parte che mi ha un po' lasciata perplessa ma che ho trovato, alla fine, consona all'insieme della trama.
Credo che al momento mi prenderò una pausa dalla letteratura giapponese, anche se non escludo di tornare sui miei passi in futuro, per cercare di scoprire di più sui contenuti di questo, senza alcun dubbio, affascinante mondo!
Nessun commento:
Posta un commento
Lascia un commento, se ti va! ❤️